
Michelangelo PACETTI ROME 1793 -1865
Bibliografia
Il museo di Roma racconta la città, catalogo della mostra, Palazzo Braschi, Roma 2002;
Il Risorgimento a colori: pittori patrioti e patrioti pittori nella Roma del XIX secolo, Roma 2010;
Pier Andrea De Rosa, La campagna romana. cento dipinti inediti tra fine Settecento e primo Novecento, Roma 1999;
Guglielmo De Sanctis, Tommaso Minardi e il suo tempo, 1902.
Michelangelo Pacetti nasce a Roma nel 1793. A differenza del padre Vincenzo che dedicò l’intera carriera alla scultura, egli si afferma principalmente come pittore di paesaggi. Numerose sono le pittoresche vedute di Roma, Napoli e della campagna laziale eseguite dal giovane artista a partire dalla metà degli anni venti dell’Ottocento. Formatosi a Roma all’Accademia di San Luca decide poi di specializzarsi presso il pittore fiammingo Martin Verstappen, il quale giunto nella Città Eterna nel 1804, sposò Angela Pacetti, sorella di Michelangelo.
A dare conferma della fama che Pacetti si era guadagnato negli ambienti artistici romani è la nomina a consigliere degli Amatori e Cultori, dove dal 1832 esponeva piuttosto regolarmente le proprie opere, e l’adesione a partire dal 1834 come membro della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon.
Il dipinto qui presentato, firmato e datato 1842, raffigura un pittoresco scorcio paesaggistico romano con alcuni cacciatori in sosta. Molto probabilmente, vista la presenza delle cascate sullo sfondo, l’azione si svolge nella campagna che si estende lungo il fiume Aniene. L’elemento caratterizzante delle vedute pacettiane è l’attenzione minuziosa posta in ogni singolo dettaglio, sia descrittivo che aneddotico. La scena si sviluppa all’interno di uno strutturato impianto compositivo che si svolge su quattro livelli narrativi distinti: in primo piano a sinistra il cacciatore che sta sfamando i cani, il gruppo di cacciatori a riposo posizionato sul terzo asse compositivo a sinistra, il secondo gruppo di cacciatori posto sul terzo asse compositivo a destra, ed infine lo sfondo con i cavalli che fanno da quinta. In questa sorta di cronaca visiva, ogni singolo cacciatore viene dipinto da Pacetti seguendo precise peculiarità tipizzanti, e che per questo rendono la veduta a forte impatto narrativo. Ad esempio, nel gruppo centrale a sinistra insieme ad alcuni personaggi ripresi nell’atto di bere, mangiare o parlare di trova una figura maschile seduta di schiena mentre disegna su un taccuino, e visto il richiamo artistico si potrebbe ipotizzare che sia un’autocitazione dello stesso Pacetti.
La scelta cromatica fatta dall’artista, come aveva puntualizzato Guglielmo De Sanctis (De Sanctis, 1902), appare limitata se paragonata agli esiti romantici di respiro europeo in auge in quel momento. Tuttavia Pacetti mostra una sapiente abilità nella modulazione della luce, la quale risulta essere il mezzo primario per mettere in risalto l’elemento pittoresco del paesaggio rappresentato.
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