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Opere
John GIBSON 1790, Conwy-1866, Roma
Busto di NinfaMarmo di CarraraHeight 44,5 cmFirmato sul verso: I. GIBSON FECI ROMÆ
VENDUTO
Provenienza
Captain Farquharson’s Invercauld Trusts, Aberdeenshire, Inghilterra
Bibliografia
T. Mattews, The biography of John Gibson R.A. Sculptor, Rome 1911.
J.B. Hartmann, Canova, Thorvaldsen and Gibson, in “English Miscellany”, 6, Roma, pp. 205-235.
G. Capitelli, S. Grandesso, Roma fuori di Roma, in Maestà di Roma da Napoleone all’Unità d’Italia, catalogo della mostra di Roma, progetto di S.Susinno, realizzazione di S. Pinto con L. Barroero e F. Mazzocca, Milano 2003, pp. 589-600.
E. Karcëva, S. Maninchedda, scheda,in Maestà di Roma da Napoleone all’Unità d’Italia, catalogo della mostra di Roma, progetto di S.Susinno, realizzazione di S.Pinto con L.Barroero e F.Mazzocca, Milano 2003, p. 229.
S. Grandesso, Pietro Tenerani, Cinisello Balsamo 2003.
M. Greenwood, Gibson, John, in National Dictionary of Biographies, London 2004, ad vocem.
Solo studi critici recenti, confluiti in una visione di sintesi nella grandiosa esposizione della Maestà di Roma dedicata alle arti nella città pontificia nell’Ottocento preunitario, hanno consentito di restituire la complessa realtà di una straordinaria stagione figurativa, prodotto del concorso di artisti di ogni nazionalità che qui fissarono la sede della propria attività. Soprattutto nel campo della scultura Roma poté conservare il suo primato artistico internazionale almeno fino alla metà del secolo, grazie alla fama mondiale di artisti che si disposero a raccogliere la grande tradizione di indirizzo classicista che avevano incarnata i capiscuola Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen.
Uno dei principali protagonisti di questa fase fu l’inglese John Gibson, stabilitosi in città dal 1817 alla morte, divenendone cittadino d’adozione. Tra i numerosi artisti della colonia britannica presenti egli fu senz’altro il principale scultore e il punto di riferimento per colleghi più giovani che guardarono al suo magistero, come Joseph Gott, John Campbell, Lawrence McDonald, William Theed, John Hogan.
I suoi esordi erano stati legati alla lezione canoviana e a quella del suo emulo-rivale Thorvaldsen. Già con le prime opere, premiate dal successo internazionale, come la Psiche sollevata dagli Zefiri (Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Corsini) e il Marte trattenuto da Cupido (Chatsworth, Devonshire Collection), l’artista aveva tentato un’originale punto di mediazione tra il “grazioso” canoviano e la più austera semplificazione formale del maestro danese. Seguì una serie impressionante di invenzioni di carattere mitologico tradotte in marmo per una committenza del più elevato prestigio sociale e culturale. Ma Gibson fu anche l’autore di numerose sculture destinate a monumenti pubblici, di ritratti, di opere di genere funerario. Lo sforzo di originalità infine, il suo desiderio di proporre sconcertanti novità al pubblico della madrepatria, nel contesto della rapida evoluzione del gusto dell’Inghilterra vittoriana, ma anche l’aspetto di ricerca antiquaria legato al recupero filologico della tecnica classica della scultura testimoniata dalle fonti antiche, lo portarono alla concezione di opere policrome presto celebri, come la statua della Regina Vittoria (Londra, Buckingham Palace) o la Venere vincitrice, nota appunto come la Tinted Venus (Liverpool, Walker Art Gallery).
Questo busto femminile di Ninfa è legato a una statua d’invenzione a figura intera. Come nel caso di altre teste di Gibson ricavate dalle opere di maggior successo, anche qui infatti l’opera riproduce il dettaglio della testa della Ninfa che allaccia il sandalo, modellata nel 1831 per il conte di Yarborough ed esposta alla Royal Academy, oggi presso l’Usher Art Gallery di Lincoln. Rispetto a quel lavoro il busto reca varianti nell’elaborata disposizione dell’acconciatura.
La Ninfa che si slaccia il sandalo rappresenta una figura femminile sedente che si leva con moto graziosamente serpentinato in atto di prepararsi per il bagno, con il panneggio sceso a scoprire la nudità del busto. Per attitudine e contenuto narrativo la scultura può testimoniare la riflessione sull’invenzione canoviana della Venere italica (Firenze, Palazzo Pitti), dove la dea ciprigna è rappresentata in atto di coprirsi volgendo similmente la testa a lato. Rispetto però all’imperturbabile serenità classica del volto rappresentato da Canova, che avrebbe ritenuto lesivo della dignità conveniente alla dea un atteggiamento troppo caratterizzato psicologicamente, in questo caso l’espressione sentimentale affidata al moto dello sguardo e alla bocca delicatamente dischiusa corrispondeva a una sensibilità nuova. Si trattava di un contenuto sentimentale ed emotivo che si ritrova espresso nella scultura mitologica di genere grazioso a Roma a partire dall’età della Restaurazione e che poteva equivalere, nella cifra di intimismo e raffinata misura, a una declinazione classicista delle nuove istanze romantiche. Ciò avviene esemplarmente nelle opere di Pietro Tenerani, a partire dalla Psiche abbandonata modellata dal 1817 (Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti).
La testa isolata della scultura, come nel caso di questo busto di Ninfa, poteva corrispondere a una rappresentazione esemplare e concentrata, nelle forme perfette del bello idealizzato, del tema di un contenuto espressivo e psicologico di tono sentimentale.
Altre versioni del busto di Ninfa di Gibson sono conservate presso la Walker Art Gallery di Liverpool e l’Henry Huntingdon Library and Art Gallery, in California.
Stefano Grandesso
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