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Opere
Provenienza
Cantalupo in Sabina, Palazzo Camuccini, collezione del Barone Vincenzo Camuccini
Bibliografia
ANTONACCI
Camuccini, Finelli, Bienaimé. Protagonisti del classicismo a Roma, a cura di F. Antonacci e G. C. De Feo, Roma 15 maggio – 5 luglio 2003, Roma 2003
ANTONACCI-LAPICCIRELLA
Vincenzo Camuccini. 12 Anatomical Drawings from Life, a cura di Caterina Caputo, Roma, 2014
CANTONE
Rosalba Cantone, La flagellazione di sant’Andrea nella cappella di Sant’Andrea in San Gregorio al Celio, in Domenichino 1581-1641, cat. della mostra a cura di A. Tantillo, Roma, Palazzo Venezia, 10 ott. 1996 – 14 gen.1997), Milano 1996, pp. 271-77
PIANTONI
Gianna Piantoni De Angelis, Vincenzo Camuccini (1771-1844): bozzetti e disegni dallo studio dell’artista, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 27 ott. – 31 dic. 1978, Roma 1978
SALVI
Paola Salvi, Vincenzo Camuccini: disegni d’anatomia presso il vero, in «Labyrinthos», XX (2001), nn. 39-40, pp. 103-158
Questo disegno a matita è rappresentativo del ruolo chiave giocato dallo studio dei grandi maestri del passato nella formazione di Vincenzo Camuccini. Si tratta di un dettaglio tratto dall’affresco raffigurante la Flagellazione di Sant’Andrea dipinto da Domenichino nel 1608 sulla parete destra della cappella di Sant’Andrea, annessa alla chiesa di San Gregorio al Celio a Roma. In particolare, il disegno raffigura la gamba destra del flagellatore ed è pendant di un altro disegno, di dimensioni quasi identiche, passato in questa stessa galleria nel 2003, che raffigura la gamba sinistra dello stesso personaggio (Antonacci, n. 33).
L’affresco, realizzato da Domenichino su committenza del cardinale Scipione Borghese, all’epoca Abate commendatario della basilica di San Gregorio al Celio, è uno di riquadri principali del programma ornamentale della cappella, che vede all’opera, nel primo decennio del Seicento, un gruppo di giovani artisti bolognesi (o giù di lì), tutti legati alla scuola dei Carracci: oltre a Domenichino, Guido Reni, Giovanni Lanfranco, Sisto Badalocchio e il Cavedone, i quali danno luogo ad un insieme decorativo di fondamentale importanza per lo sviluppo del classicismo a Roma nel corso del Seicento (Cantone).
È a fonti come questa che guarda il giovane Camuccini, con l’attenzione che gli consentirà di forgiare uno stile basato sulla profonda assimilazione del canone classico, sulla volontà di perseguire una bellezza ideale, sulla consapevole scelta di un registro aulico, tanto nella selezione dei soggetti da raffigurare quanto nella composizione delle opere. Uno stile che, in ossequio a uno dei princìpi fondamentali del classicismo, individua nella figura umana l’assoluta protagonista della scena. Del corpo umano Camuccini indagò a fondo la struttura, studiandolo sia attraverso le rappresentazione datene nelle statue e nei dipinti del passato, sia osservandone dal vivo il funzionamento, come attestano ad esempio i disegni anatomici realizzati da un Camuccini appena sedicenne dai cadaveri dell’ospedale di Santo Spirito, poi raccolti in due album custoditi fino a pochi anni fa dagli eredi (Salvi) e recentemente presentati dalla galleria Antonacci Lapiccirella (Antonacci-Lapiccirella). Il disegno che si presenta qui appartiene dunque al periodo di formazione del giovane artista, quando egli si dedica a studiare, sia sotto forma di disegni sia in pittura, le opere dei grandi maestri del Cinque e Seicento, Raffaello e Michelangelo innanzitutto.
Gran parte di questi studi, che lo stesso Camuccini raccoglierà in album completi di relativi prezzi per una eventuale vendita, sono definiti dall’artista “cartoni”, proprio perché in essi l’utilizzo come medium della semplice matita consentiva all’artista un più minuzioso esercizio di indagine e una più accurata resa di ogni dettaglio, nella ricerca di una perfezione del disegno che costituirà il fondamento stesso della sua personale cifra stilistica. Nell’elenco autografo dei “Cartoni presso i Grandi Maestri” (Piantoni, p. 100), risulta anche “il Frustatore di Domenichino esistente a S. Gregorio” e rimane il dubbio se l’indicazione si riferisca a un disegno dell’intera figura oppure proprio a questo particolare della gamba destra e al suo pendant già ricordato.
In questa luce, non sorprende che la tornita muscolatura della gamba destra del flagellatore di Domenichino divenga l’oggetto esclusivo di questo studio, mirato a restituire la tensione del gesto fisico e il gonfiarsi delle vene sotto la pelle, in un esercizio formativo che l’elevata qualità del tratto rende oggi opera dotata di autonoma bellezza.
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