MASTERPIECE LONDON 2011

Panoramica

La grande scultura di  Carlo FINELLI (Carrara 1785 – Roma 1853) LE TRE GRAZIE in marmo di Carrara (cm. 158x119x67). Tra i tanti scultori attivi sulla scena italiana in epoca neoclassica, Carlo Finelli fu forse l’unico a rifiutarsi di costruire la propria carriera sulla scia di Antonio Canova o Bertel Thorvaldsen cercando un suo stile personale. La sua tensione alla perfezione sfociò spesso in episodi estremi, destinati ad alimentarne il mito di talento “difficile”, degno del paragone con Michelangelo.

Con quest’opera Finelli ritorna sul tema delle tre figure femminili gia’ affrontato con Le Ore Danzanti oggi al Museo dell’ Hermitage. Dopo aver distrutto i primi due modelli in gesso, Finelli decise di scolpire questa opera “alla prima”, vale a dire direttamente nel marmo, un’audacia tecnica all’epoca eccezionale e che, ancora una volta, determinò l’accostamento ad analoghe prodezze di Michelangielo. Il gruppo non fu però finito e a nessun visitatore dello studio venne mai concesso di vederlo. La singolare vicenda della sua esecuzione determinò la decisione degli eredi e degli allievi dello studio di non ultimare l’opera, come invece avveniva comunemente in questi casi.

Il non finito delle Tre Grazie (mani e piedi sono solo sbozzati e manca l’ultima rifinitura dell’intera superficie) costituisce un caso unico nella vicenda della scultura neoclassica e non deve sorprendere che attorno si sia creata col tempo una vera e propria  leggenda.

 

 

 

 

 

Johann Wenzel (Venceslao) PETER

(Karlsbad, 1745 – Roma, 1829)

 

Un leone e una tigre che si disputano un daino, 1809

 

Olio su tela, 81 x 103 cm

 

Il dipinto, inedito, è un rinvenimento di grande interesse per la ricostruzione

della parabola artistica del pittore boemo naturalizzato romano Venceslao Peter.

La tela, come documentano alcuni disegni del pittore bolognese Pelagio Palagi, è una versione di più piccole dimensioni dell’opera di analogo soggetto esposta tra novembre e dicembre del 1809 alla famosa mostra allestita nelle sale del Campidoglio dalle autorità napoleoniche per celebrare l’elezione di Roma a città imperiale, subito dopo l’annessione degli Stati pontifici all’Impero, il forzato allontanamento di papa Pio VII Chiaramonti e la cessazione del potere temporale della chiesa. La tela esposta, oggi dispersa, fu acquistata da Gioacchino Murat e portata subito a Napoli.

In questa prospettiva la tela di Peter qui pubblicata assume un interesse ancora maggiore; soprattutto dovendo ritenere che, con ogni probabilità, fu commissionata da uno degli esponenti dell’entourage che accompagnò a Roma Gioacchino Murat in quei giorni. La partenza dell’opera di Peter per Napoli e dunque la sua definitiva scomparsa dallo scenario artistico romano, insieme alla prestigiosa provenienza napoletana dell’opera qui illustrata e alla considerazione che alcun soggiorno del pittore boemo nella capitale partenopea è documentato, data quasi con precisione la sua esecuzione e testimonia per via indiretta la committenza del dipinto da parte di uno degli esponenti dell’ambito murattiano che fu a Roma con Gioacchino e che poi con questi si dovette spostare a Napoli, dove il dipinto poté essergli verosimilmente spedito.

 

 

Un dipinto simile a questo qui illustrato, ma con la sostanziale variante dell’assenza del daino, si conserva presso i Musei Vaticani .

Del resto, per tutta la sua lunga carriera, Peter ebbe sempre una committenza di grandissimo prestigio[1]. Fu il pittore animalier più celebre e ricercato della Roma di Pio VI Braschi e di Pio VII Chiaramonti, tra l’ultimo quarto del Settecento e i primi venti anni dell’Ottocento.

Prediletto dal principe Marcantonio IV Borghese tra il 1776 e il 1777 Peter decorò le pareti del grande salone d’onore della palazzina Borghese con una mirabile serie di ben 162 animali, tutti diversi, dipinti ad affresco in modo estemporaneo condotti quindi dopo approfonditi studi dal vero.

Trasferitosi definitivamente a Roma nel 1774, nei cinquant’anni successivi ,il boemo Peter, già dagli anni ottanta artista di grande successo proprio per le sue apprezzate scene di lotta tra animali oltre  ai  lavori  per  il  Casino Borghese, prese parte negli stessi anni alla decorazione del Salone d’Oro di Palazzo Chigi, del Gabinetto Nobile di Palazzo Altieri (1789-1790) e fu nell’équipe di pittori  che su commissione  della zarina di Russia Caterina II e guidata da Cristoforo Unterperger riprodusse a grandezza naturale le Logge Vaticane di Raffaello per il Palazzo d’Inverno dell’Ermitage[2]. Mentre dai suoi dipinti di genere animalier furono tratti negli anni diversi modelli grafici tradotti a mosaico minuto dallo Studio  del  “Musaico della  Reverenda  Fabbrica  di   San  Pietro” in  Vaticano e dalle numerose botteghe di “mosaico in piccolo” attive a Roma. Parte del repertorio figurativo adottato a modello dallo Studio Vaticano negli ultimi anni del XVIII secolo deriva in effetti dai dipinti di Peter, così come alcuni pannelli musivi eseguiti da Cesare Aguatti o Giacomo Raffaelli oggi conservati nelle più importanti raccolte del mondo come la Gilbert Collection di Londra[3].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un eccezionale VEDUTA DI ROMA DAL PINCIO dell’artista danese P.C. SKOOVGARD (Ringsted 1817 - 1 1875) (cm. 65x150) protagonista della Golden Age Danese riconosciuto come il  più grande pittore di vedute della Danimarca che proprio quest’anno gli ha dedicato una bellissima mostra monografica. Dipinto di grande atmosfera, intesita’, e qualita’ con una magnfica veduta di San Pietro.

 



 

[2] Vedi M. B. Guerrieri Borsoi, La copia delle Logge di Raffaello di Cristoforo Unterperger, in Cristoforo Unterperger. Un pittore fiemmese nell’Europa del Settecento, catalogo della mostra, a cura di C. Felicetti, Roma, pp. 77-82; N. Nikulin, Le Logge di Raffaello all’Ermitage di San Pietroburgo, in Giovan Battista Dell’Era (1765-1799). Un pittore lombardo nella Roma neoclassica, catalogo della mostra (Treviglio), a cura di E. Calbi, Milano, pp. 29-39.

[3] Cfr. J. Hanisee Gabriel, The Gilbert Collection: Micromosaics, with contributions by A. M. Massinelli, and essays by J. Rudoe and M. Alfieri, London 2000.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto esposizione